Sta per concludersi la favolosa Mostra sul Canaletto in occasione della ricorrenza del duecentocinquantesimo anniversario dalla data della sua dipartita. L’esposizione si tiene al Museo di Roma in Palazzo Braschi, perfetta aulica cornice di cotanta beltà.

Giovanni Antonio Canal, noto come “il Canaletto” nacque e morì a Venezia nel mentre si diffondevano le idee perorate dall’Illuminismo. Figlio di Bernardo, pittore di scenografie di teatro, con lui curò rappresentazioni del livello di Antonio Vivaldi e Alessandro Scarlatti.

Pittore e incisore, divenne noto in vita per le sue spettacolari vedute. Talvolta si avvaleva della camera ottica, ma anche in tali casi doveva utilizzare lo studio della prospettiva per rendere credibili i suoi soggetti attraverso complessi calcoli matematici. Contestato dalla prima critica post mortem, cominciò a essere osannato alla metà del Novecento.

Nella sua maturità artistica si approcciò al tema del “capriccio”, nel quale elementi reali si fondono con elementi di fantasia o esistenti, ma collocati in luoghi diversi.

Non avevo particolare entusiasmo nell’andare a visitare questa Mostra, reputando erroneamente che avrei avuto problemi a recensire il celeberrimo artista.

Cosa si può scrivere oltre alla lode della perfezione della resa di memorabili vedute? La bellezza quando è tale togli il fiato, assolutizza il giudizio critico, inibisce ogni ragionamento.

Il Canaletto - Il molo con la zecca e colonne di San Teodoro

Mentre vagavo nelle sale espositive perdendomi in tali vaghezze, d’improvviso ho iniziato a notare i particolari. Sono tornata indietro varie volte, appena notavo la mia chiave di lettura di questo impressionante artista.

Il primo particolare che ho notato era un cane da solo, in uno dei lati delle monumentali piazze da lui descritte. Per meglio dire da lui narrate. In mezzo al monumentale aulico, soventi ci sono dei cani solitari, raffigurati in pose naturali.

I cani sono descritti non in chiave fotografica ma affettiva, non sono dipinti per simmetria ma volutamente l’Artista li vuole coprotagonisti dello spicchio di Mondo che raffigura analiticamente. Gli edifici sono linee geometriche. Le curve sono i soggetti vivi dei suoi quadri.

Così gli abiti degli uomini e delle donne, con panneggi come mossi ognuno da un vento diverso e autonomo, che li rende concavi o convessi.

La Vita circolare, la scenografia geometrica.

E poi i panni stesi, soggetto secondario ricorrente spesso, a raccontare la vita reale in quelle sublimi ‘coreografie’.

E poi i volti delle persone del popolo, unici abitanti delle scene, come a sottolineare il divario sociale di quel periodo storico: palazzi regali e contadine o pastori o cani o panni a sciorinare.

Le poche persone raffigurate non sono in posa come i palazzi, vivono una vita normale, sono assorti in pensieri, tradiscono preoccupazioni o semplicemente vivono.

Volutamente nelle foto che pubblico assieme a questo piccolo articolo non porto la dicitura ‘particolare dell’opera…’, proprio per assolutizzare dettagli di opere del ‘Canaletto’ che a mio modesto avviso lo rendono straordinario.

Francesca Romana Fragale